Il peso del peccato
“10 Gesù stava insegnando di sabato in una sinagoga. 11 Ecco una donna, che da diciotto anni aveva uno spirito che la rendeva inferma, ed era tutta curva e assolutamente incapace di raddrizzarsi.
12 Gesù, vedutala, la chiamò a sé e le disse: «Donna, tu sei liberata dalla tua infermità». 13 Pose le mani su di lei, e nello stesso momento ella fu raddrizzata e glorificava Dio. 14 Or il capo della sinagoga, indignato che Gesù avesse fatto una guarigione di sabato, disse alla folla: «Ci sono sei giorni nei quali si deve lavorare; venite dunque in quelli a farvi guarire, e non in giorno di sabato». 15 Ma il Signore gli rispose: «Ipocriti, ciascuno di voi non scioglie, di sabato, il suo bue o il suo asino dalla mangiatoia per condurlo a bere? 16 E questa, che è figlia di Abraamo, e che Satana aveva tenuto legata per ben diciotto anni, non doveva essere sciolta da questo legame in giorno di sabato?» 17 Mentre diceva queste cose, tutti i suoi avversari si vergognavano, e la moltitudine si rallegrava di tutte le opere gloriose da lui compiute.”. (Luca 13: 10-17)
La riflessione che segue implementata sul passo appena citato, mi ha dato modo di poter evidenziare tre aspetti a mio avviso risalienti ed essi sono: l’origine, la durata e la debolezza del soggetto e della situazione descritti in questi passi. Che il Signore possa guidare chi scrive e chi legge a trarre insegnamento. A Lui sia la gloria.
Origine
Il peso del peccato rende curvi sotto il giogo della schiavitù, fino a legarci completamente…
Una volta curvi, non riusciamo più ad alzare lo sguardo a Cristo, ma teniamo gli occhi bassi rivolti al suolo anzichè al cielo.
Non si sa quale fu la causa dell’infermità di questa donna, non si sa nemmeno quanti e quali peccati abbia commesso, ma una cosa sappiamo per certo: era la sua condizione di peccato che la teneva curva in quanto legata da satana (vv 16). Ecco perchè il suo sguardo era rivolto a terra (era incapace di raddrizzarsi) come se avesse un fardello troppo pesante che le gravava sulle spalle.
Si pensi ad uno zaino: lo si tiene sulle spalle, se esso è vuoto non costa fatica portarlo con se, è leggero e non grava di alcun peso. Ora pensiamo di averlo pieno sulle nostre spalle allora si inizia a fare un pò di fatica in proporzione al peso che esso contiene. Attenzione, la fatica è direttamente proporzionale al peso e non al volume. Ci possono essere cose enormi che pesano pochissimo e cose piccole che pesano enormemente.
Quando lo zaino è vuoto, si cammina senza sforzo, stando ben dritti sulla schiena, possiamo addirittura correre e alzare lo sguardo in alto, senza il timore di ribaltarci. Se, contrariamente, è pieno, non si può fare tutto questo. E più si riempie più ci si curva in avanti per controbilanciarne il peso sulla schiena, fino a curvarsi completamente, quando questo diventa smoderato.
Ecco, la nostra coscienza è lo zaino dell’anima.
Quando essa è vuota siamo leggeri, sorridenti, e possiamo tenere lo sguardo in alto. Contrariamente, se essa è piena perchè gravata dal peccato, allora siamo curvi nell’animo. Non riusciamo a rallegrarci, non riusciamo ad alzare lo sguardo perchè ci si sente accusati, “legati”.
Certamente qualcuno potrà obiettare, come si sente spesso dire:”io non ho commesso peccati tanto pesanti”. Daccordo, sicuramente corrisponde al vero, ma vedete cari nella grazia, la Parola ci insegna che sono le piccole volpi che guastano la vigna ( Cantico dei Cantici 2:15) e così sono i piccoli sassolini che noi riponiamo nel nostro zaino, nelle tasche della nostra coscienza che ci appesantiscono quando si sommano l’uno all’altro. Sono quelle piccole pietruzze di peccato che ci portano lontano dal Signore e sempre più vicini all’infermità spirituale, all’apatia quando sommate esse diventano macigni.
Non pensate sia cosi?
Un macigno, un grosso masso, lo vediamo e lo riconosciamo, lo evitiamo e a volte se ne ha pure soddisfazione e ringraziamo il Signore per essere passati oltre:”ti ringrazio Signore perchè avendone l’occasione non ho rubato, non ho bestemmiato, non ho ucciso nessuno” e così via. Già, uccidere, è un grosso macigno,nessuno che sia credente penserebbe di commettere un’azione del genere, nessuno che abbia pienamente il controllo delle proprie attività fisiche e psicologiche lo farebbe. È un comandamento di Dio. È un macigno da evitare. Ma ricordiamo, che l’umanità non perse il paradiso perchè Caino uccise Abele, no, quella fu la conseguenza, perse il paradiso per dei piccoli sassolini: il sassolino che fece vedere che l’albero era buono per nutrirsi, che era bello da vedersi, che era desiderabile per diventare intelligenti. (Genesi 3:6). Questi sassolini furono la causa che piegarono la schiena dell’umanità e da quel momento fu curva sotto il peso del peccato e legata dal nemico, dall’avversario.
Ma grazia sia resa a Dio per averci dato Gesù e a Lui sia la lode e la gloria che col Suo sangue ci sciolse da quel legame, ci alleggerì di quel peso, così come fece con la donna oggetto della presente riflessione e ci diede in cambio un giogo da portare, il suo giogo da tenere sulle spalle, un giogo che non è gravato da peso ma che ci fa stare in piedi quando le nostre “gambe” si infiacchiscono.
Che il Signore ci dia la grazia di poter stare sempre ritti e mai piegati sotto il peso del peccato.
Durata
La donna, era inferma da diciotto anni. Non era sicuramente nata così, lo è diventata nel tempo. È un pò come ognuno di noi, che nasciamo scevri dal peccato e poi man mano che si cresce si inizia ad aver confidenza con esso, e più se ne ha confidenza più se ne commette e più se ne commette più ci si lega al nemico senza rendersene conto, spostando sempre le lancette della propria coscienza.
Si fratelli, la coscienza dell’uomo è un pò come un orologio: se funziona bene è regolato con l’orario di Dio, ma quando si inizia a peccare, allora si ha del ritardo. Si comincia a perdere prima qualche secondo, poi qualche ora, poi qualche giorno, finchè il tempo in ritardo con il Signore può diventare anni.
Chi scrive ha avuto un ritardo di ben trent’anni sull’ora giusta poi, il Signore, è entrato nel suo cuore ed ha potuto finalmente regolare l’orologio, scaricare il proprio fardello iniziare a volgere lo sguardo in alto e non più in basso.
Certo, da quel giorno l’ora non è rimasta sempre esatta, a volte durante le giornate si può perdere qualche secondo, ma oggi, in questo tempo, siamo nel periodo della grazia e il Signore Gesù ci dà agio di poter andare ogni momemto ai piedi della Sua croce dove poter ricalibrare le nostre lancette. Bisogna farlo, è necessario farlo.
Ricordo da piccolo l’orologio di mio nonno, non era automatico, al quarzo o tecnologico come quelli moderni, era un orologio a “cipolla” dotato di una catenella che fissava all’occhiello del gilet. Tutte le sere, prima di mettersi a letto, ne dava la carica e soprattutto rimetteva l’ora giusta perche durante il giorno aveva perso qualche minuto. Lo faceva ogni sera, lo ha fatto per tutta la vita.
Anche noi, a sera, bisogna che rimettiamo in pari il nostro cuore, la nostra coscienza, perchè siamo figli di Dio, perchè sappiamo di non essere perfetti e non dobbiamo lasciarci ingannare dalla nostra mente pensando di non aver commesso alcun peccato. Il giusto pecca sette volte al giorno. (Proverbi 24:16).
La donna perse diciotto anni della sua vita sotto il peso del peccato, ma il Signore la chiamò. Non andò lei per farsi guarire come spesso leggiamo nella Parola allor quando un malato si reca dal Signore, un esempio su tutti, la donna dal flusso inarrestabile, ricordate? ebbene lei per fede diceva: “se solo riesco a toccare le sue vesti sarò guarita” lei andò, le toccò e guarì. Era ritta, poteva camminare e alzare lo sguardo a Cristo. Invece, la protagonista della nostra riflessione venne chiamata dal Signore, lei era piegata e non riusciva a guardarlo, Egli ci chiama quando siamo gravati dal peccato, Egli ci cerca quando il nostro sguardo è lontano da Lui, Egli, mentre eravamo peccatori, è morto per noi. (Romani 5:8) ” Ecco, io sto alla porta e busso: se qualcuno ascolta la mia voce e apre la porta, io entrerò da lui e cenerò con lui ed egli con me..” (Apocalisse 3:20). Se qualcuno sente, ascolta, ode la Mia voce… la donna curva sentì la Sua voce e il suo peso scomparve, noi sentimmo la Sua voce e la nostra vita cambiò. Ricordiamolo sempre, ricordiamo quelle parole che sentimmo quando accettammo il Signore nella nostra vita e, se qualcuno ancora non ha fatto questa esperienza, è il momento di togliere dalle proprie orecchie i suoni che distraggono, i suoni che allontanano dall’unica voce che dà salvezza: la voce di Gesù.
Forse qualcuno che sta leggendo, ha udito quella voce nel cuore e l’ha soffocata, forse ha raccolto qualche piccolo sassolino, forse ha anche perso qualche minuto nell’orologio, ma fatti forza in Gesù, Egli è ancora vivente, ed ha ancora tanta potenza e grazia da poter guarire, perdonare e rimetterti in pari, basta solo che tu lo accetti come Signore e Salvatore, basta solo affidargli la guida della tua vita.
Debolezza
La donna era assolutamente incapace di raddrizzarsi, incapace di raddrizzarsi in alcun modo (versione Diodati) in altre parole era debole.
Il peccato fa leva sulla debolezza, questo è un dato di fatto, e più si è deboli più si cade nel peccato, è la natura umana. “vegliate e pregate, per non cadere in tentazione lo spirito è pronto, ma la carne è debole” (Matteo 26:41) attenzione, non dice forte, (come tante volte si sente citare), ma pronto, perchè in noi non c’è nessuna forza, ma la carne è debole. Debole della debolezza propria umana. Ma i discepoli non vegliarono perchè avevano sonno e il sonno raffigura il torpore spirituale. La conseguenza fu che Pietro non ebbe la forza di riconoscere Gesù rinnegandolo tre volte.
La donna era assolutamente incapace di raddrizzarsi, solo quando andò da Gesù la sua infermità guarì e glorificava Dio. Il gesto vincente di quella donna non fu un atto fisico dettato dalla sua volontà, non fu lei che decise:”ora io mi raddrizzo perchè sono stanca di essere piegata” come tante volte si dice: “da oggi in poi non farò più questa cosa o quell’altra, perchè voglio santificarmi e avere una vita più vicina al Signore, lo faccio con tutta la mia forza, con tutta la mia volontà…” no, non è un atto fisico o un buon proposito a farci raddrizzare, il gesto vincente furono quei pochi passi che seguirono la chiamata di Gesù.
Quando il Signore ci chiama, non abbiamo bisogno di essere perfetti, non abbiamo bisogno di essere sani, nè di essere santi. Abbiamo bisogno, semplicemente, di procedere verso Lui, anche facendo un solo simgolo passo, poi Lui ci verrà incontro e sarà Egli che ci rialzerà con una sua semplice parola.”Figlio d’uomo alzati in piedi io ti parlerò, mentre Egli mi parlava, lo Spirito entrò in me e mi fece alzare in piedi, io udii Colui che mi parlava” (Ezechiele 2:1). Quando il Signore chiama, quando il Signore ci parla, allora e solo allora sarà lo Spirito che ci farà stare ritti e da figli d’uomo diventiamo figli di Dio.
Il peccato nel nostro cuore è un peso che ci rende curvi, la debolezza che ne consegue non ci permette di sollevarci da sotto quel carico, ma sia lodato il Signore che con la potenza del Suo Spirito, con l’immensità del Suo amore è sempre pronto a farci comparire davanti a Lui ritti e scarichi di pesi. E questo solo perchè Lui, e Lui solo si piegò al nostro posto dinnanzi a Dio Padre, caricandosi del nostro peso per inchiodarlo in quella dura croce.
Al Signore sia la Gloria.
Francesco